ALIA GUAGNI: IL RITIRO DAL CALCIO CON IL CV STAMPATO SULLA MAGLIA DEL COMO WOMEN

Alia Guagni, calciatrice del Como Women, in occasione del suo ritiro, ha indossato la maglia della squadra con sopra stampato il suo curriculum. Un gesto che fa riflettere sulla condizione lavorativa delle atlete dopo il ritiro

Quando un’atleta appende la maglia e le scarpette al chiodo, nonostante i massimi livelli agonistici raggiunti, deve ricominciare tutto da capo: trovare un nuovo lavoro e rimettersi in gioco. Da sola.

Cosa accade a una sportiva quando termina la sua carriera agonistica? Una carriera costellata da vittorie, medaglie e soddisfazioni, dentro e fuori un campo da gioco. Una carriera che è stata, per anni, il suo lavoro? Nulla. Una volta che gli applausi sono finiti, i riflettori spenti e la maglia, anche quella azzurra, e le scarpette sono state appese o riconsegnate, quell’atleta rimane sola. Costretta a ricominciare tutto da capo. E sempre sola.

Alia Guagni, dall’11 maggio ex calciatrice della F.C. Como Women, squadra professionistica che milita in serie A e controllata dal fondo d’investimento statunitense Mercury/13, ha deciso di concludere la sua carriera sportiva in un modo esemplare, un modo che pone davanti a una riflessione sul futuro delle atlete dopo il ritiro: indossare, in occasione della sua ultima partita in casa contro il Napoli, la classica maglia da gioco del Como su cui ha fatto stampare il suo curriculum professionale.

Con la collaborazione creativa dell’agenzia internazionale LePub, Guagni ha letteralmente mostrato al mondo la difficoltà per un’atleta di rimettersi in gioco nel mondo del lavoro. «Non sono mai stata una che cerca i riflettori. Ma ci sono momenti in cui parlare è l’unica cosa giusta da faresoprattutto se può aiutare chi verrà dopo di noi»ha dichiarato la calciatrice all’interno del comunicato stampa ufficiale della società.

Stampare il curriculum non è un atto provocatorio, ma un invito alla riflessione. Riflettere sulla condizione delle giocatrici, considerate “dilettanti” dalla legge italiana (la legge 91 del 1981), che si ritrovano, sin dagli inizi della loro carriera, a dover trovare il cosiddetto “piano B”.

Tralasciando le sole calciatrici di serie A, le quali dal 2022 sono considerate “professioniste” attraverso il Fondo per il professionismo creato dal governo italiano, le atlete di tutti gli altri sport (e nel calcio fino alla serie B), mentre praticano sport agonistico, studiano o lavorano, oppure praticano entrambe contemporaneamente, perché consapevoli di come lo Stato e le società non le tuteleranno. Nemmeno per cercare di concretizzare quel piano B.

«Io ho avuto la fortuna di avere un piano, ma prepararsi al futuro mentre si gioca ad alti livelli non è mai semplice. Una carriera in campo ha una fine naturale. Far sì che ci sia un inizio dopo quella fine dovrebbe far parte del percorso. Perché non aiutare già oggi le campionesse di domani a costruire il loro futuro?» spiega Guagni, che ha avuto al suo attivo oltre 100 presenze con la Nazionale italiana, partecipando a due Campionati Europei e al Mondiale di Francia del 2019, dove è stata tra le protagoniste della storica cavalcata azzurra fino ai quarti di finale. Una calciatrice, una professionista che ha trasformato il suo ritiro in un monito che ha fatto il giro del mondo, specie a livello internazionale, poiché questa vera e proprio campagna di sensibilizzazione riguarda tutte le donne che praticano sport.

Incertezza, nessuna garanzia e alcun supporto. Sono queste le condizioni di vita dopo lo sport per le atlete, che invece meritano tutto il contrario. Ed è per questo che, nel già citato comunicato, il club ha promosso il programma Beyond, un’iniziativa pensata per offrire alle proprie tesserate strumenti, orientamento e opportunità per pianificare la vita dopo lo sport. Il Como Women ha infatti reso noto come, di qui in avanti, accetterà «solo sponsor che si impegnino ad assumere le proprie calciatrici al termine delle loro carriere sportive». Un’iniziativa che ha suscitato l’attenzione della federazione e fatto notizia sia in Italia che all’estero, perfino in Argentina e negli Usa. Un vero e proprio obiettivo a lungo termine che deve garantisce alle atlete un supporto nella costruzione di un futuro significativo e gratificante, al di là del calcio.

La maglia-Cv della difensora fiorentina di fascia destra, e due volte premiata come “calciatrice dell’anno” in Italia, è stato sì un manifesto ma anche uno sprono verso il cambiamento che parte, di nuovo e come sempre, dal “basso”. Quando in realtà ci si aspetterebbe un aiuto concreto dall’ “alto”, sebbene il Fondo professionistico, rifinanziato in extremis a gennaio 2025 con 4 milioni di euro all’interno delle Norme Organizzative Interne della FIGC (NOIF), abbia ridato sì un po’ di respiro ma solo temporaneo.

Al di là del Fondo italiano, infatti, esistono disparità tra gli stipendi e le condizioni contrattuali tra i diversi livelli del calcio femminile globale. Il report Setting the Pace, che analizza lo stato attuale del calcio femminile globale, Lo stipendio medio annuo per una calciatrice professionista a livello globale è di 10.020 euro. Chiaramente nei club che militano nei principali campionati la retribuzione è più alta e si attesta su una media di 22.092 euro. Nei club di seconda divisione è di soli 4.009 euro. Cifra che scende a 2.579 euro considerando i campionati Tier 3 (con il termine “tier” si indicano i diversi livelli di professionalizzazione).

«Non si tratta di una protesta, ma di un invito alla consapevolezza. Si riconosce una verità: se la forza in campo viene celebrata, la resilienza fuori dal campo è altrettanto fondamentale. Le atlete meritano di poter affrontare il passaggio alla fase successiva della loro vita con chiarezza, dignità e supporto». Termina così il comunicato del Como Women, del gesto di Alia Guagni. Un gesto che deve continuare a risuonare. Finché tutto non cambi, perché deve cambiare.

Caterina Caparello

Photo Credits: Fulvio Bonavia

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